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LEGGE SUL SOVRAINDEBITAMENTO: COME LIBERARSI DAI PROPRI DEBITI

Aggiornamento: 3 set 2021

Come ormai è noto, la pandemia da Covid-19 ha arrecato e sta arrecando un danno economico immenso, tanto da far stimare che ci vorrà ben si più a risollevarsi dalla crisi economica che da quella sanitaria. A ben vedere, nonostante le diverse misure di sostegno, molte attività commerciali si sono arrestate o sono state, comunque, fortemente limitate.

Una soluzione fondamentale da tenere in considerazione in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo è il ricorso alla Legge sul sovraindebitamento (anche conosciuta come “Legge salva suicidi”), ossia la L. n. 3/2012, come aggiornata nel 2021.

Tramite questa legge sono state previste procedure specifiche -a seconda della situazione in essere e della qualifica del soggetto interessato- per permettere al singolo o all’impresa di risolvere la propria situazione debitoria per poter ripartire, come un soggetto nuovo.

Con questo articolo, si prenderà in considerazione nel dettaglio una delle tre procedure previste dalla L. 3/2012, ossia il piano del consumatore (riservandosi di tornare con ulteriori contributi sulle ulteriori procedure previste dalla medesima normativa che sono l’accordo di composizione e la liquidazione).

Il piano del consumatore è finalizzato esclusivamente all’esdebitamento (ossia all’azzeramento dei debiti) di un soggetto persona fisica che deve indicare al Giudice tempi e modi con cui si propone di superare la crisi da sovraindebitamento. Dal 2021, questa specifica procedura ha assunto il nome di Procedura di ristrutturazione dei debiti[1].

È fondamentale che ogni soggetto abbia a consapevolezza di poter accedere alla procedura in questione, non sperando di smettere di pagare qualsiasi somma dovuta ma potendo dimostrare ai creditori la propria buona volontà che i creditori saranno, a loro volta, obbligati da parte del giudice ad accettare. Infatti, nel momento in cui, ai sensi della Legge in discorso, il debitore predisponga con l’aiuto di un esperto un piano di rientro ben documentato e questo piano sia considerato fattibile da parte di un Organismo di composizione della crisi (O.C.C.), spetterà al giudice e non ai creditori accoglierlo o meno. Nel momento in cui il giudice, considerando il piano ben commisurato alle possibilità e alle capacità del debitore, nonché espressivo di buona fede e volontà di cooperazione, accolga il piano con provvedimento definitivo, i creditori saranno tenuti ad accettarlo, non potendo pretendere nulla di più dal loro debitore.

Illustrando brevemente i diversi passaggi della procedura, si può indicare che, in primo luogo, il debitore deve saper valutare da sé la propria “meritevolezza”, dal momento che la stessa sarà poi valutata dall’O.C.C. e dal giudice e nel caso in cui sia ritenuta mancante la procedura sarà stata avviata senza motivo. Ma, si potrebbe pensare, cosa si intende con meritevolezza? Nessuno merita o meno di avere un debito. Tuttavia, ci sono delle situazioni in cui un soggetto si viene a trovare senza aver avuto la possibilità di prevederlo in precedenza.


Ex: Una ragazza perde il padre in giovane età e alla morte dello stesso si apre la successione, la stessa firma per ereditare l’abitazione del padre all’interno della quale viveva insieme al padre e alla madre (che, non essendo sposata con il padre non rientrava tra gli eredi e non riceveva quindi parte della proprietà). Tempo dopo, la ragazza inizia a ricevere solleciti dalla banca per il versamento delle rate di un mutuo che il padre aveva stipulato con riferimento alla casa, inizia a ricevere lettere dall’amministratore per tutte le spese che il padre non aveva pagato. Si rivolge dal legale chiedendo di poter rinunciare all’eredità, ma lei nel frattempo ha vissuto nella casa ereditata, ha pagato delle bollette, quindi ha accettato l’eredità facta cocnludentia e, soprattutto, ha effettivamente firmato la dichiarazione di successione accettando i beni. Non è più possibile rinunciare. In tal caso viene in soccorso la L. n. 3/2012: la ragazza non ha contratto debiti senza valutare se avrebbe potuto pagarli, se li è, letteralmente, ritrovati a carico e quindi può considerarsi una debitrice meritevole, è soddisfatto il requisito soggettivo per accedere alla procedura di ristrutturazione dei debiti.

Altro caso è quello di un padre di famiglia proprietario di un banco di vestiti al mercato che, in considerazione della buona condizione degli anni precedenti, acquistava una nuova auto e contraeva un finanziamento per avere una maggiore liquidità per la famiglia. Con l’avvento del COVID19, era obbligato a sospendere la propria attività, incontrava, con il passare del tempo, problemi a pagare l’affitto e non riusciva più a pagare le rate del finanziamento. Lo stesso ben potrà contare sulla procedura di cui alla L. n. 3/2012, dal momento che i suoi debiti sono derivati da un elemento di forza maggiore, assolutamente non prevedibile in precedenza.


Dopo che il debitore ha sinceramente valutato la propria meritevolezza, deve “illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente” (art. 4 Codice della crisi). Per questa fase è importante il ruolo del professionista (un avvocato o un commercialista) che seguirà il debitore nella predisposizione del piano da presentare all’O.C.C., questo dovrà, infatti: verificare il ricorso alle Procedure da sovraindebitamento nei 5 anni precedenti (circostanza che impedisce l’accesso alla procedura di cui si tratta); verificare la presenza del requisito di meritevolezza nei termini di cui si è detto; esaminare i debiti e i crediti, le spese necessarie al sostegno della famiglia, le ragioni di incapacità di adempiere alle prestazioni, etc.

Infine, il debitore assistito dal professionista elabora il piano con allegata tutta la pertinente documentazione (visure immobiliari, visure Pra, visure protesti, elenco creditori con indirizzi anche email e pec, etc.).

A questo punto il debitore (per il tramite del professionista che lo ha assistito fino a questo momento) può scegliere:

1) Presentare ricorso al Presidente della Sez. fallimentare del Tribunale indicando in esso il nominativo di un soggetto (come, ad esempio, un commercialista di fiducia) adibito a svolgere le funzioni di O.C.C., versando, per il ricorso, un contributo unificato fisso di € 98,00.

2) Presentare direttamente il piano ad un O.C.C. presso il Tribunale che selezionerà al suo interno un soggetto responsabile (cd. referente) e al quale sarà versata una somma iniziale fissa per l’operato che varia tra € 400,00 e € 450,00 (la quale potrà essere nel corso del tempo aumentata a seconda della mole del lavoro da svolgere).

Giova fin da subito precisare che la prima delle due ipotesi sopra prospettate non è più conveniente da un punto di vista economico, dato che una volta autorizzata dal giudice la nomina del soggetto indicato come O.C.C. anche questo dovrà essere retribuito per un importo minimo di € 400,00. Tuttavia, appoggiandosi ad un commercialista di fiducia si potranno magari affrontare meglio certe problematiche, o si potrà contare su una maggiore disponibilità per chiarimenti o colloqui.

Ad ogni modo, il gestore della crisi designato deve comunicare l’accettazione dell’incarico via Pec al Referente e sottoscrivere la dichiarazione di indipendenza e imparzialità (infatti l’O.C.C. non dovrà avere alcuna forma di rapporto con il debitore)[2]. Il gestore verifica, come prima cosa, i presupposti di ammissibilità alla procedura (consumatore, residenza, il mancato ricorso a Procedure nei 5 anni precedenti) e poi convoca il debitore per l’audizione e per la consegna dei documenti opportuni. A questo punto, inizia la fase di verifica, di ricerca di debiti e crediti, di contatto con i creditori e di audizioni del debitore, per arrivare alla definitiva predisposizione della relazione o all’attestazione negativa (ad esempio perché manca la meritevolezza o la fattibilità).

Solo a questo punto interviene (o interviene di nuovo nel caso si sia presentato ricorso per l’indicazione di uno specifico O.C.C.) il giudice che fissa udienza disponendo che sia data comunicazione ai creditori da parte del debitore della proposta del piano.

Sarà il giudice, in ultima istanza, a vagliare la fattibilità del piano e la meritevolezza del debitore, per poi, in caso di esito positivo di queste verifiche, omologare il piano e disporre le forme di pubblicità dello stesso. Il giudice potrà, eventualmente, nominare, su proposta dell’O.C.C., un liquidatore dei beni e, una volta venduti i beni, ordinerà la cancellazione di ogni iscrizione, trascrizione, etc.

A questo punto, ossia al termine dell’esecuzione del piano, il sovraindebitto è libero dai suoi debiti.


[1] Il riferimento è all’entrata in vigore del “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza” (C.C.I.I), in vigore dal 1° settembre 2021. [2] In particolare, il gestore della crisi deve dichiarare: “di non essere legato al debitore e a coloro che hanno interesse all’operazione da rapporti di natura personale o patrimoniale tali da comprometterne l’indipendenza; 2. non avere neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale prestato negli ultimi 5 anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore/consumatore o di aver partecipato ad organi di amministrazione o controllo dello stesso; 3. non essere coniuge, parente o affine entro il quarto grado del debitore persona fisica o amministratore della società o dell’ente oppure della società controllante, controllata o soggetta a comune controllo; 4. non essere legato al debitore o alle società controllate dal debitore o alle società che lo controllano o a quelle sottoposte al comune controllo da un rapporto di lavoro o di consulenza continuativa o di prestazione d’opera retribuita o da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza

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